sabato 26 maggio 2012

Disabilità e Diritti:La proposta del ministro Elsa Fornero sulla privatizzazione della disabilità non rispetta i diritti delle persone con disabilità sanciti dalla Costituzione e dalle Convenzione ONU


Fornero: privatizzare la disabilità

Il Ministro del Lavoro Elsa ForneroNon si può pensare che lo Stato sia in grado di fornire tutto in termini di trasferimenti e servizi’’. Lo ha dichiarato il Ministro del Lavoro Elsa Fornero durante il convegno Autonomia delle persone con disabilità: un nuovo contributo per assicurarla (Reatech, Milano, 25 maggio).
Il Ministro ha poi aggiunto: “Sia il privato che lavora per il profitto sia il volontariato no profit sono necessari per superare i vincoli di risorse. Il privato, in più del pubblico, possiede anche la creatività per innovare e per creare prodotti che aiutino i disabili. La sinergia tra pubblico e privato va quindi rafforzata”.
I prodotti di cui si parla sarebbero quelli assicurativi. Infatti la Fornero prosegue: “Per evitare accuse di raggiro o frodi, il ruolo pubblico dovrebbe dare credibilità inserendosi nella relazione tra la persona e il mondo assicurativo. C’è bisogno di innovazione finanziaria e creatività”.
Parole che lasciano sconcertate le organizzazioni delle persone con disabilità, per la loro crudezza e per l’evocazione di una “cultura” che non si pensava potesse penetrare nel nostro Paese risalendo fino ai vertici di un Governo che si appella ad ogni piè sospinto all’equità.
Con la prima affermazione la Fornero gela qualsiasi ipotesi e speranza di innovazione sociale, di garanzia dei diritti civili, di efficacia ed efficienza dei servizi sociali, di miglioramento delle prestazioni per i disabili gravissimi e per i non autosufficienti.
Tradisce il retropensiero che gli stanziamenti per l’autonomia personale delle persone con disabilità siano una spesa morta, un sovraccarico insostenibile, un capriccio di pochi, e non già invece un investimento. Ricorda tragicamente alcune brutali dichiarazioni del Ministro Tremonti (“Come può un Paese con due milioni e mezzo di disabili essere davvero competitivo?”).
Lo Stato rinuncia ad attuare quanto previsto dall’articolo 38 della Carta costituzionale – annota Pietro Barbieri, presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap – e quanto sancito dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità. Getta la spugna invocando un intervento caritatevole (o interessato) dei privati. Un lesto e mesto ritorno alle opere pie… o a qualcosa di peggio”.
Ma la seconda parte delle affermazioni del Ministro ha risvolti non meno inquietanti.
Lo Stato, pur di liberarsi della spesa per la disabilità e la non autosufficienza, diventa procacciatore d’affari per le Assicurazioni e le eventuali risposte assistenziali sarebbero erogate in virtù di una polizza pagata in vita dai Cittadini.
Una privatizzazione assicurativa del welfare che inizia dalle persone con disabilità per spingersi fin dove la “creatività” può consentire.
A chi non giovi tutto ciò è presto detto: a chi non può permettersi di pagare una polizza assicurativa e a chi nasce con una grave menomazione o la contrae in tenera età.
A chi giova invece questa prospettiva oltre che allo Stato? Sicuramente il giro d’affari per le Compagnie assicuratrici è notevolissimo e, in periodo di crisi, un vero toccasana. Nuovi introiti e nuove prospettive anche sul fronte immobiliare. Tradiscono l’attesa le stesse parole della Fornero: “Qualche volta le persone anziane si trovano intrappolate in una casa che costa troppo e hanno difficoltà ad ottenere aiuti”. Un patrimonio immobiliare che fa gola a molti.
Sono dinamiche e logiche che, ovviamente, non ci appartengono – conclude Barbieri – ma che rischiano di stritolare ogni prospettiva di reale inclusione sociale o di condizionarla al censo, al patrimonio, all’età più che ad un diritto costituzionale e, prima ancora, umano”.(fonte www.fishonlus.it)

domenica 20 maggio 2012

Riflessioni:Melissa non muoia inutilmente


Le parole non devono mai mancare. Le parole sono essenziali perché l'umano prenda il sopravvento. Una scuola nella quale ho fatto il Presidente di Commissione qualche anno fa, nella quale ho conosciuto persone straordinarie, nella quale ho perduto il mio migliore amico, anche lui Presidente di Commissione,. A Michele esplose il cuore.
E nelle vicinanze di quella scuola, luogo di figli di ceti popolari, luogo di frontiera e di immensa umanità, qualcuno ci ha messo un ordigno.
Melissa è morta, Veronica lotta per vivere e altre sue compagne e compagni porteranno i segni incisi per tutta la vita.
Ipotesi, domande, retoriche vergognose, facce sinceramente attonite. La verginità della scuola è perduta, una mano assassina, forse mafiosa, forse terrorista o forse ancora di pura follia, ha violentato l'innocenza del futuro spargendo il sangue e tentando di spargere la paura.
Non mi avventurerò in “ipotesi investigative”, aggiungendo brodo al brodo. Certo che ognuno ha la sua idea, e la mia, come sempre, attraversa il concetto di “interessi convergenti” per situazione politica, geografica, economica e sociale. I perché a cui rispondere non sono molti ma decisivi e non sempre si ha voglia di affrontarli. La gente, forse giustamente, si chiede chi. I responsabili della sicurezza ovviamente dicono “li prenderemo”. Il perché è faticoso, poco spettacolare e chiama in causa le responsabilità di molti, per ciò che è stato fatto e ciò che, invece, non è stato fatto.
Non c'è manifestazione di cordoglio che possa lenire il dolore dei genitori di Melissa, non ci sono parole per consolare chi soffrirà per sempre il ricordo di quanto accaduto. Ma le parole non devono mancare per ricordare a tutti che le bombe, in questo paese, sono servite per mettere a tacere chi aveva voglia di giustizia e di verità, per uccidere chi voleva snidare i mostri che abitano i luoghi bui del potere, che dietro alle bombe ci sono sempre state “menti raffinatissime” che a volte le hanno fatte brillare, a volte le hanno coperte e altre le hanno semplicemente lasciate esplodere.
Mi sia permesso di sfilarmi da questi appelli “all'unità di tutti contro il terrore”, troppo spesso, in questi tutti ci ho visto i registi di quel terrore.
È tempo che in Italia, in Puglia, a Brindisi cambino le cose e che gli adulti la smettano di raccontare favole ai giovani. Le manifestazioni e i discorsi lascino lo spazio ad una verità: i giovani non devono più essere i “cittadini di domani” ma quelli di adesso.
Praticate, ragazzi, la coerenza e pretendetela da noi adulti, subissate di fischi chi sale sui pulpiti a pontificare di “legalità” quando vive una vita di privilegi e di ingiustizie, se ciò non accade, Melissa e il suo ricordo, andranno a far compagnia ai tanti dolorosi ricordi di maggio che mi sono marchiati nell'anima.(di Pino De Luca)

sabato 19 maggio 2012

L'opinione:La strategia della tensione, la mafia e la scuola pubblica



La strategia della tensione, come la criminalità organizzata, non è la patologia della politica italiana ma n’è la fisiologia. In Italia, quando la politica (intesa come contiguità e reciprocità di favori tra partiti, apparati dello stato, classi dirigenti, criminalità organizzata, eversione) non sa più come contenere il cambiamento necessario, utilizza altri mezzi, da Portella della Ginestra a Piazza Fontana ai Georgofili. Ed è una storia che si è ripetuta oggi a Brindisi sulla porta della scuola dedicata a Francesca Morvillo Falcone.
Oggi sotto i nostri occhi si è palesato non un salto all’indietro ma un passaggio lineare, tradizionale, di una continuità nera nella quale si usa sistematicamente il terrorismo per stabilizzare. Una classe politica al minimo storico di legittimità –di fatto illegittima e commissariata con Mario Monti dalla Banca Centrale Europea- unito al fallimento del modello economico vigente, che sta impoverendo brutalmente quei ceti medi che avevano sempre garantito il consenso del sistema, non riesce più a garantire i propri referenti. Suona una campana a morto e sembra di rivedere Salvo Lima che corre per sfuggire ai sicari. Si organizza una marcia per la legalità e una classe dirigente parassitaria e intrinsecamente contraria alla legalità, si rifugia di nuovo nelle trame nere. Ancora ieri il partito dei Dell’Utri e dei Cosentino si opponeva con forza ad una banale ed insufficiente legge anticorruzione. Troppo, al culmine della peggior crisi economica della storia repubblicana. Solo se spaventato a morte il ceto medio potrà continuare ad abbassare la testa e garantire un consenso per sostenere il quale non basta più il Grande Fratello televisivo del ventennio berlusconiano.
La mafia, la mafia da sola non può essere, perché la mafia, le mafie, da sole in Italia non sono state mai, dal delitto Notarbartolo a Capaci. Come per via D’Amelio spunta sempre un uomo nero defilato nella foto di famiglia, una mente raffinata in grado di calcolare i pro e i contro. La chiamano criminalità organizzata ma sarebbe la prima volta nella storia che dei criminali colpiscono la scuola pubblica, più di ogni altro il simbolo dell’integrazione, dell’inclusione, del progresso. Veniamo da lunghi anni nei quali la scuola pubblica è stata sistematicamente denigrata e asfissiata rendendole ogni giorno più difficile compiere la propria missione di democrazia. Adesso passano alle bombe. E in questa temperie culturale non sembra un caso la scelta dell’obbiettivo. Melissa Bassi, l’adolescente assassinata, era rappresentante degli studenti in una scuola premiata per la sua lotta per l’educazione alla legalità. Melissa si educava alla democrazia. Chi l’ha colpita  ha voluto colpire la democrazia rappresentata dalla scuola pubblica.
La stampa di regime è costernata dall’emersione della realtà sulla storia criminale della Lega Nord e si domanda chi rappresenterà adesso il Nord. E il Sud chi lo rappresenta? La scuola lo rappresenta il Sud! La forza degli insegnanti e degli alunni, la forza dello studio che crea coscienza civile, libertà, democrazia laddove (diceva Antonino Caponnetto) “la mafia ha più paura della scuola che dei giudici perché prospera sull’ignoranza della gente e sui bisogni della famiglie”. La nuova strategia della tensione ha scelto la scuola pubblica come simbolo per evitare il cambiamento necessario. Ai democratici resta tanto più il dovere di difendere la scuola pubblica, il cuore pulsante della democrazia.(di Gennaro Carotenuto)

martedì 1 maggio 2012

BUON 1° MAGGIO MA NON A TUTTI...


Di nuovo Maggio, Di nuovo comincia. Come sempre dall'1. Il primo maggio. Data simbolo dal 1886. Una festa che arriva dagli Stati Uniti, ove, per la prima volta, fu conquistato il diritto alle otto ore di lavoro al giorno.
Perché sono necessarie le feste e le ferie? Perché nei secoli precedenti l'Umanità ha riconosciuto, finanche nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo sancita dalle Nazioni Unite nel 1948, la necessità che le donne e gli uomini definissero le ore di lavoro nel giorno e nell'anno?
Lo hanno fatto tutte le religioni, in particolare le monoteiste che son divise sul giorno ma almeno un giorno della settimana è dedicato all'Uomo.
E, in questo che chiamiamo progresso, alcuni autodefinitisi “imprenditori” continuano a legare la “competitività” e la “produttività” alla disponibilità degli umani a rinunciare all'umanità. A diventare peggio di bestie da soma, a lavorare per ogni ora del giorno e della notte per aumentare la “produttività”. In una gara deficiente e deficitaria nella quale non si capisce più se bisogna lavorare per vivere o vivere per lavorare.
Che idiozia chiamare “efficiente” un mondo nel quale si produce moltissimo per produrre moltissimi rifiuti, che iattura chiamare moderno un mondo nel quale il centro della attenzione collettiva è l'impresa e non l'uomo, che ipocrisia andare dietro a funerali di imprenditori che non ce la fanno e si suicidano.
Non li credo i Professori che ci spiegano come salvare l'Italia uccidendo gli italiani, non li credo perché sono stati i maestri di chi questa Italia ha rovinato e, nel migliore dei casi, sono stati ignavi quando allievi asini la rovinavano.
Un operaio che con mille euro al mese porta avanti una famiglia è un economista che vale più di cento Monti e trecento Tremonti, e quanto senso morale e dello Stato vi è in quelle maestre e maestri di scuole elementari che provano ad insegnare ai bambini etica ed educazione. Certamente di più di un Ministro della Giustizia che, per professione, fa l'avvocato difensore dei più grandi imputati di corruzione che esistano in Italia. E quanto senso della misura in chi ha campi di carciofi o fave e comprende che i suoi braccianti hanno diritto a mangiarne una minestra. Certamente molto di più di un Ministro della Difesa che procede all'acquisto di aerei che non potranno mai volare perché non ce lo possiamo permettere.
Ecco perché il primo Maggio io faccio festa, per coloro che sono morti per questa festa e per spiegare a tutti che la festa è un diritto per i lavoratori e non un privilegio per gli sfruttatori, per ricordare a tutti che non è vero che tu, padrone, mi dai i soldi per campare ma, al contrario, sono io che con il mio lavoro ti faccio arricchire. Per un giorno ciascuno sia arbitro del proprio destino.
Con i piedi nel passato e lo sguardo nel futuro buon Primo Maggio a quasi tutti. Chi non lo ama non lo merita(di Pino De Luca)