L’amicizia è una religione senza Dio nè Giudizio finale. E non c’è
neppure il diavolo. Una religione che non è estranea all’amore. Ma un amore
dove la guerra e l’odio sono proscritti, dove il silenzio è possibile. Potrebbe
essere lo stato ideale dell’esistenza. Uno stato tranquillo. Un legame
necessario e raro. Non sopporta impurità alcuna. L’altro, di fronte, la persona
che si ama, non è solamente uno specchio che riflette, è anche l’altro se stesso
sognato.
L’amicizia perfetta dovrebbe essere una sorta di solitudine felice, spurgata dai sentimenti d’angoscia, di rifiuto e di isolamento. Non si tratta di una semplice storia di sdoppiamento nella quale l’immagine di se sarebbe passata attraverso un filtro, un esame che dovrebbe ingrandire i difetti e le carenze e ridurre le qualità. Lo sguardo dell’amico dovrebbe riconsegnarci la nostra immagine considerata in modo esigente. L’amicizia allora consisterebbe in questa reciprocità senza sfasature, guidata dallo stesso principio di amore: il rispetto che ciascuno deve a se stesso se vuole che gli altri glielo ricambino, naturalmente.
L’amicizia perfetta dovrebbe essere una sorta di solitudine felice, spurgata dai sentimenti d’angoscia, di rifiuto e di isolamento. Non si tratta di una semplice storia di sdoppiamento nella quale l’immagine di se sarebbe passata attraverso un filtro, un esame che dovrebbe ingrandire i difetti e le carenze e ridurre le qualità. Lo sguardo dell’amico dovrebbe riconsegnarci la nostra immagine considerata in modo esigente. L’amicizia allora consisterebbe in questa reciprocità senza sfasature, guidata dallo stesso principio di amore: il rispetto che ciascuno deve a se stesso se vuole che gli altri glielo ricambino, naturalmente.
-Tahar Ben Jelloun-