venerdì 19 marzo 2010

Politica penosa per problemi penici penalmente perseguibili...

Come il meteorismo dopo la pasta e fagioli, all'arresto di Lea Cosentino è succeduto quello di Sandro Frisullo. Nessuna cronaca né abiti del fustigatore nei confronti di una persona con la quale ci conoscevamo quando eravamo nella FGCI e nel PCI e che ha smesso di conoscermi quando, cambiata la bandiera, è assurto a ruoli istituzionali ben retribuiti.
Perché Frisullo e Valente, alla pari della Cosentino e degli altri improbabili “individui di potere” all'interno di questa vicenda e all'interno di vicende simili in altre regioni d'Italia, sono delle vittime più che dei colpevoli. Vittime di una mediocrità intrinseca, della coscienza della impalpabilità del proprio carattere e della inutilità della propria esistenza. Cialtroni che per esistere hanno bisogno di sapere che “contano”. E nel ventennio del trionfo del populismo, contare significa essenzialmente fottersene delle leggi, aggirarle e far vedere che si ha il potere di farlo.
In sostanza tutti si vogliono sentire Sultani come Lui, il cavaliere mai condannato, colui che dispone di batterie di avvocati che gli cuciono le leggi addosso a spese di tutti, colui che da quando è sceso in politica subisce decine di processi e infatti è sceso in politica proprio per non finire ai ceppi.
Non capiscono, gli imitatori dell'improcessabile, che la legge ad personam è estensibile solo se non confligge con gli interessi del destinatario primo. Sembra che il Frisullo si dilettasse con le medesime puttane (mestiere che rispetto) con le quali usava accompagnarsi l'end user, di certo che il fornitore è comune. Frisullo va in galera, Berlusconi in vacanza.
E i magistrati, cattivi e comunisti, son lì a “determinare le sorti della democrazia” arrestando l'ex vice presidente di Vendola, eppure erano comunisti sia Frisullo che Vendola e dall'altra parte si verifica una situazione ai limiti del grottesco: si manifesta comprensione per Frisullo, silenzio sul caso personale e si chiede a Vendola di rispondere politicamente delle vicende della sanità pugliese così aggrovigliate con questioni penali, peniche e, soprattutto, penose.
I sacerdoti primari della “casta”, gli inventori della clientela e della corruzione midollare, del debito fuori bilancio e della politica dei “cazzi propri” fanno squadra.
I colpevoli sono i magistrati, i giornalisti e quelli che cacciano i mercanti dal tempio. In nome di un principio liberale oggi tanto di moda, tanto richiamato quanto mai esplicitato.
Veniamo ai fatti. LEGGI TUTTO (di Pino De Luca)

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