domenica 31 ottobre 2010

Il bunga bunga che segna la fine di un regno di Eugenio Scalfari

Le recenti cronache dell'Italia berlusconiana che raccontano l'ennesimo scandalo ormai generalmente etichettato "bunga bunga" mi hanno lasciato al tempo stesso indifferente e stupefatto.
L'indifferenza deriva dal fatto che conosco da trent'anni Silvio Berlusconi e sono da tempo arrivato alla conclusione che il nostro presidente del Consiglio rappresenta per molti aspetti il prototipo dei vizi italiani, latenti nel carattere nazionale insieme alle virtù che certamente non mancano. Siamo laboriosi, pazienti, adattabili, ospitali.
Ma anche furbi, vittimisti, millantatori, anarcoidi, insofferenti di regole, commedianti. Egoismo e generosità si fronteggiano e così pure trasformismo e coerenza, disprezzo delle istituzioni e sentimenti di patriottismo.
Berlusconi possiede l'indubbia e perversa capacità di aver evocato gli istinti peggiori del paese. I vizi latenti sono emersi in superficie ed hanno inquinato l'intera società nazionale ricacciando nel fondo la nostra parte migliore.
È stato messo in moto un vero e proprio processo di diseducazione di massa che dura da trent'anni avvalendosi delle moderne tecnologie della comunicazione e deturpando la mentalità delle persone e il funzionamento delle istituzioni.
Lo scandalo "bunga bunga" non è che l'ennesima conferma di questa pedagogia al rovescio. Perciò non ha ai miei occhi nulla di sorprendente.
Da quando avviò la sua attività immobiliare con denari di misteriosa provenienza, a quando con l'appoggio di Craxi costruì il suo impero televisivo ignorando le ripetute sentenze della Corte costituzionale, a quando organizzò il partito-azienda sulle ceneri della Prima Repubblica logorata dalla corruzione diventata sistema di governo.
A sua volta, su quelle ceneri, il berlusconismo è diventato sistema o regime che dir si voglia: un potere che aveva promesso di modernizzare il paese, sburocratizzarlo, far funzionare liberamente il mercato, diminuire equamente il peso fiscale, sbaraccare le confraternite e rifondare lo Stato.
Il programma era ambizioso ma fu attuato in minima parte negli otto anni di governo della destra ai quali di fatto se ne debbono aggiungere i due dell'ultimo governo Prodi durante i quali il peso dell'opposizione sul paese fu preponderante.
Ma non solo il programma rimase di fatto lettera morta, accadde di peggio. Accadde che il programma fu contraddetto. Il sistema-regime è stato tutto fuorché una modernizzazione liberale, tutto fuorché una visione coerente del bene comune.
Per dieci anni l'istituzione "governo" ha perseguito il solo scopo di difendere la persona di Berlusconi dalle misure di giustizia per i molti reati commessi da lui e dalle sue aziende prima e durante il suo ingresso in politica. Nel frattempo l'istituzione "Parlamento" è stata asservita al potere esecutivo mentre il potere giudiziario è stato quotidianamente bombardato di insulti, pressioni e minacce che si sono anche abbattute sulla Corte costituzionale, sul Csm, sulle Autorità di garanzia e sul Capo dello Stato.
Il "Capo" e i suoi vassalli hanno tentato e tentano di costruire una costituzione materiale incardinata sul presupposto che il Capo deriva la sua autorità dal voto del popolo ed è pertanto sovra-ordinato rispetto ad ogni potere di controllo e di garanzia.
Questa situazione ha avuto il sostegno di quell'Italia che la diseducazione di massa aveva privato d'ogni discernimento critico e che vedeva nel Capo l'esempio da imitare e sostenere.
Il cortocircuito che questa situazione ha determinato nel carattere di una certa Italia ha fatto sì che Berlusconi esibisca i propri vizi, la propria ricchezza, la sistematica violazione delle regole istituzionali e perfino del buongusto e della buona educazione come altrettanti pregi.
Non passa giorno che non si vanti di quei comportamenti, di quella ricchezza, del numero delle sue ville, del suo amore per le donne giovani e belle, dei festini che organizza "per rilassarsi", degli insulti e delle minacce che lancia a chi non inalbera la sua bandiera. E non c'è giorno in cui quell'Italia da lui evocata e imposta non lo ricopra di applausi e non gli rinnovi la sua fiducia.Leggi tutto (da repubblica.it)

mercoledì 27 ottobre 2010

L'opinione:" I veri ambientalisti a Brindisi"

Il panorama della campagna tipica di quella che fu detta “fascia colonica” muta rapidamente. I filari di vite e gli ulivi secolari fanno spazio a piantagioni di pannelli fotovoltaici a rapido accrescimento, le strade interpoderali e anche quelle provinciali vengono sventrate per calare i cavi che consentono ai venditori la distribuzione dell'energia prodotta.
Ogni tanto qualche sparuto convegno di ritardatari cronici cerca di parlare dei “mali di questa cementificazione selvaggia” dopo aver sonnecchiato per anni e avallato sostanzialmente le scelte quando sono state fatte.
Qualcuno per complicità, qualcuno per connivenza, qualcuno per distrazione e moltissimi per pigrizia. I “protestatari del giorno dopo” segnano la loro presenza con posizioni ormai inutili e buone solo per imbrattar giornali e rilasciare interviste.
Il prossimo passaggio che accadrà in terra di Brindisi sarà l'incenerimento di rifiuti nelle centrali ed in particolare nella centrale Federico II di Cerano, spacciando il CDR come CDRQ e riducendo, ovviamente, l'uso del carbone. Qualcuno griderà alla vittoria per aver ridotto il carbone e qualcun altro per aver contribuito a risolvere il problema dei rifiuti. Ai primi guai, i medesimi: pigri, conniventi, complici o distratti faranno convegni e organizzeranno manifestazioni e grida.
Il fatto è che tra tutti gli “ismi” possibili qualcuno pensò di appropriarsi di quello ambientale, quasi che nel genere umano qualcuno potesse divincolarsi dal rispetto delle regole di natura e porsi al di sopra di esse. E così è nata l'innaturale divisione tra chi è ambientalista e chi dovrebbe appellarsi “deturpista” ma non lo fa preferendo termini più soft: industrialista, sviluppista, o, semplicemente, paraculo. Una divisione che sostanzialmente conviene a tutti. Gli ambientalisti prendono una identità che, in qualche modo, garantisce visibilità e ragione di esistenza anche in piccole minoranze, e gli altri continuano tranquillamente a fare gli affari propri avendo la forza del potere e uno spauracchio da agitare.
E in questa maniera il territorio brindisino è stato martoriato dai tempi dell'industrialismo della chimica, disegno primigenio di uno sviluppo (sic!) che ha corrotto la terra, l'aria, l'acqua e l'anima di questa piccola area del pianeta.
Coscienze che hanno perso l'onore e l'orgoglio, che si vendono tanto al chilo a seconda dell'interesse immediato. Come giustificare i silenzi sulle torce che hanno illuminato i cieli della città più e più volte nel silenzio assordante di autorità, responsabili della sicurezza aziendale, sindacati, ARPA, e “ambientalisti” d'ogni specie? Lo so che qualcuno ha detto, parlato e scritto ma con voce imparagonabilmente più bassa a quella che s'usa per altre vicende.
Ora è intervenuta la magistratura su indagini della DIGOS che risultano “approfondite e circostanziate” condotte con approfondimenti tecnici ineccepibili e logica senza sbavature. Siamo nella medesima situazione che ebbe a verificarsi con il traffico di rifiuti speciali del quale si accorse la Procura di Reggio Calabria …Leggi tutto di Pino De Luca

domenica 10 ottobre 2010

Citazionando....


"I poveri di spirito dicono che dovrei avere un trono d'oro con intarsi di madreperla e gambe di avorio,e mi chiedono perchè abbia scelto invece il semplice legno di cedro deodara.Si dice che questo legno abbia mille anni e abbia visto nascere e morire le città. Il legno sussurra storie di guerrieri,grandi maestri e principi,basta chiederglielo.Forte e compatto è il cedro deodara,ma ricordate che un solo fiammifero può distruggerlo,così come una vita fatta di mille avvenimenti e milioni di ricordi può essere spenta in un secondo."(da "Il quaderno azzurro",James A.Levin pag.22-23 Piemme)


lunedì 4 ottobre 2010

Questioni importanti : Giustizia e Voto

Il problema è un altro. Così affermano, sempre più spesso, coloro che hanno fatto dell'arte di schivare le responsabilità un vero e proprio metodo di galleggiamento.
Qualunque tema venga posto all'attenzione c'è sempre un altro problema più importante e propedeutico.
E invece le cose vanno affrontate. E di petto. Il tempo del cincischio e del tentenno è abbondantemente scaduto.
E le cose che sono sul tappeto sono due: la questione giustizia e la legge elettorale. So bene che vi è l'economia, il precariato, l'ambiente, la guerra, il riscaldamento del clima, la biodiversità, il rapporti etica/biologia e la legge sulle adozioni per i gay. Ma non vi è nulla di più urgente che la questione giustizia e la legge elettorale.
Solo affrontando con determinazione e risolvendo una volta per tutte questi due temi si possono affrontare serenamente tutti gli altri, da qualunque angolazione si parta.
E sulla legge elettorale va reintrodotto il principio di “Elezione del Parlamento”, assolutamente imprescindibile dal rispetto della Carta Costituzionale. Il Parlamento deve essere di eletti e non di nominati, anche se un popolo squinternato come quello italico dovesse regalarci ancora fiori come Borghezio o Dell'Utri. Abbiamo avuto in Parlamento fascisti doc, mafiosi conclamati, fiancheggiatori del terrorismo, pornostar e scoppiati d'ogni categoria. Ma eletti da un popolo che in essi si è riconosciuto. Tocca alla politica trovare il metodo migliore per restituire al popolo la possibilità di eleggere i suoi rappresentanti e, dopo averlo fatto, buttare in discarica l'esperienza del “porcellum” senza alcun rimpianto.
E poi la questione giustizia. Ho letto alcuni interventi sul mio piccolo giornale di provincia. Interventi di personaggi importanti sia in politica che per professione. Ho letto anche libri di persone importanti e sicuramente non tacciabili di retropensieri e piccole connivenze o convenienze. Eppure anche le grandi menti sfuggono il problema, non lo affrontano. In Italia esiste una questione giustizia perché esiste una grande questione criminale. Come sanno fare gli italiani abbiamo capovolto il problema, nascondendoci dietro a retoriche e convenienze.
L'Italia ha da risolvere da molti anni una grande questione criminale. È un paese di mafie, di organizzazioni criminali che hanno sempre avuto referenti nel potere politico ad ogni livello. E si chiamano mafie per questa ragione, altrimenti non avremmo dovuto creare il 416-bis, ci sarebbe stato sufficiente il 416 e basta.
E le mafie vogliono usare il potere politico come terreno di battaglia, muovendosi e muovendo con grande arguzia le loro pedine. Perché le mafie non sono sole, non sono mai state sole. Hanno sempre potuto contare su complicità e connivenze con menti raffinate e raffinatissime, capaci di orientare le correnti politiche ed il consenso.
E la vulgata di questi vent'anni, nel tentativo sciocco di “ristabilire il primato della politica” ha dato corda ad un racconto capovolto, a contrapporre “garantismo” a “giustizialismo” interpretati un po' all'amatriciana. Garantismo tirato in ballo sempre e solo quando la tutela riguardava ricchi e potenti dimentichi quando ad essere coinvolti sono stati dei poveracci.
Nel concreto. Quando l'attuale Presidente del Consiglio ha aperto, e lo ha fatto dal 1993, la questione giustizia non aveva per nulla a cuore la libertà degli italiani, innocenti vittime perseguitate. Semplicemente aveva a cuore la sua libertà. Semplicemente perché tutte le vicende giudiziarie di Berlusconi sono PRECEDENTI la sua discesa in campo come ama dire. Non ha una denuncia nemmeno per uno spillo (e ne avrebbe dovute avere, almeno per il 643 e per il 661 del Codice Penale) da quando fa politica. Ha governato per circa dieci anni avendo come unico scopo quello di salvare il malloppo accumulato con operazioni la cui limpidità è quella della fogna newyorkese quando fanno programmi tv molto noiosi.
Per salvarsi ha aggregato torme di masnadieri di piccolo e grande cabotaggio i quali hanno avuto a che fare molto con i giudici ma sempre come imputati e raramente come vittime o parti lese.LEGGI TUTTO di Pino De Luca