mercoledì 2 marzo 2011

17 marzo: Celebrazione o ricorrenza?


La TV commerciale, irrompendo su un popolo incolto e senza protezione intellettuale, è stata come una metastasi che invade un essere privo di anticorpi. Lo ha trasformato, plasmato, rendendolo a sua immagine e somiglianza.
La TV commerciale ha completamente invertito il rapporto tra esistenza e apparenza: prima di essa s'appariva in quanto esistente, dopo di essa si è esistiti in quanto apparenti.
E allora apparire è diventato essenziale, essenziale nel senso più profondo: appaio quindi sono, e l'animale più adattivo della biosfera s'è adattato. Per apparire si può fare qualunque cosa, non v'è etica che possa frenare l'istinto di sopravvivenza e se per sopravvivere bisogna apparire non v'è etica che può fermare l'esigenza di apparire.
Per apparire e perché l'apparizione sia interessante dev'esser partigiana, non ha spazio la noiosa moderazione, la lenta meditazione o la stucchevole buona educazione. Bisogna essere estremi, sopra le righe, non importa se nel giusto o nell'errato, basta essere eccessivi.
Sei una onesta meretrice da 50€ a botta? La TV non ti vuole, prendi 300€ solo per enunciare il diminutivo di Pompeo? Ti facciamo interviste a gogò e ti diamo pure un bell'incarico pubblico.
Sei un truffatore di paese? Ma chi ti fila … Saccheggi i risparmi di centinaia di migliaia di allocchi? Puoi raccontare la tua verità tutte le volte che ti pare nei salotti con telecamera annessa.
E così di seguito … E l'infezione è devastante, colpisce tutti almeno un po' e i sintomi si manifestano inevitabilmente ad ogni occasione.
Adesso siamo tutti investiti dalla celebrazione (o ricorrenza) del 17 marzo. E tutti a scomodare anime patriottarde o post-asburgiche, tifoseria garibaldina e richiami neo borbonici. Italiche genti che, per apparenza televisiva, permettono a dipendenti assenteisti del Ministero della Cultura di fregiarsi d'aggettivi come “colto” e “intelligente” quasi fossero sinonimi di “comiziante” e “scafato”.
E allora via! Chi la spara più grossa? Roberto Benigni, comico splendido, trasmissione più seguita dagli italiani spiega l'Inno d'Italia. Che meravigliosa forma di satira: un comico mostra ad un Paese intero la crassa ignoranza del suo popolo, mostra quanto sia inutile la scuola e quanto sia pappagallesco il canto di schiere di giovani in divisa ai quali nessuno ha spiegato il significato delle parole che hanno salutato per almeno un anno della loro vita, fieri di dire quel “Si” urlando e impettiti a guardare il drappo tricolore che sventola. E loro, tapini pronti a morire per esso, non sanno perché sia Verde, Bianco e Rosso a bande di uguale dimensione e non sanno nemmeno che questo è scritto nella Carta Costituzionale (altro argomento del quale tutti fanno finta d'aver contezza ...).
L'ha fatta grossa Benigni, e ha avuto grande eco. Allora qualcuno, astuto, si prende la briga di rintuzzare facendo le pulci: scopre eccidi dei garibaldini, termini come annessione e repressione si sprecano. Come se un comico dovesse scrivere la storia, ma poi la storia … Chi si prende la briga di leggerla? Chi non legge nemmeno l'Inno della Patria? Ma le pulci servono per apparire, per esser chiamati in TV a ragliare “altri punti di vista”, non importa se giusti o sbagliati ma intanto si va in TV, si appare, testimoniando alla platea dei cultori di immagine un'altra inutile esistenza.
Ha bisogno d'essere esplorato il primo Risorgimento e anche il secondo, sapendo che di paradossi e contraddizioni è fatta la Storia del Mondo e, ovviamente, anche quella Italiana.
17 Marzo. 1942: a Bergen-Belsen viene inaugurata la prima camera a gas di un campo di concentramento nazista; 1971 si scopre il tentativo di colpo di Stato messo in atto da Junio Valerio Borghese; 1981, Villa Gioia, Castiglion Fibocchi provincia di Arezzo, è la villa di Licio Gelli. In essa vi è la lista degli iscritti alla Loggia P2.
Ma è anche il centocinquantesimo della proclamazione del Regno d'Italia. Era il 1861 e lo festeggeremo cantando l'Inno di Mameli, scritto nell'autunno 1847, vietato ai tempi dei Savoia e diventato Inno d'Italia dopo la proclamazione della Repubblica Italiana. Paradossalmente il 17 marzo 1805 la prima esperienza di Repubblica Italiana, detta Cisalpina con capitale Milano, naufragava consegnandosi all'ala protettrice dell'Imperatore Napoleone I e deponendo il tricolore.
Non apparirò in TV per questa nota e nemmeno per altre, ma posso garantire che, paradossalmente, esisto. Spero solo che qualcuno, leggendola, abbia spento la TV o, almeno, ne abbassato il volume.
W l'Italia (di Pino De Luca)

Nessun commento: