Poi le accuse, arrivate da PalVoice, sito internet riconducibile a Fatah, il partito del presidente Abu Mazen rivale degli islamisti che governano Gaza: il gruppo che ha rapito e ucciso l’attivista italiano «fa parte delle Brigate alQassam, braccio armato di Hamas». Infine, in tarda serata, una parziale ammissione di colpevolezza da parte degli islamisti al potere nella Striscia: Farid Bahar e Tamer alAlhasasnah, due dei «salafiti» catturati, sono tuttora in organico nei servizi di sicurezza di Hamas.
Che la ricostruzione finora fornita fosse piena di lacune ieri era ormai evidente perché, a due o tre giorni dal sequestro di Arrigoni che potrebbe essere stato preso già mercoledì sera, gli investigatori palestinesi non avevano chiarito praticamente nulla di un’azione dall’epilogo tragico condotta con modalità a dir poco da principianti.
Gli arrestati sarebbero in tutto cinque: le forze di sicurezza di Hamas hanno catturato ieri tre persone (tra cui anche due «esecutori» del delitto) e due l’altro ieri. Tra loro, oltre a Farid Bahar e Tamer alAlhasasnah ci sarebbero un quindicenne e un sedicenne. La posizione di uno dei fermati si starebbe alleggerendo, mentre restano ricercati almeno altri tre membri della «cellula salafita» di cui facevano parte i due uomini di Hamas.
Uno dei presunti assassini, assicura una fonte di Gaza city, frequentava la stessa palestra dove Vittorio si allenava quasi tutti i giorni. L’omicidio, mediante strangolamento, secondo la nostra fonte sarebbe stato compiuto «in maniera individuale», senza che i componenti del presunto gruppo salafita «abbiano ricevuto indicazioni da alcun leader».
Il primo punto oscuro riguarda proprio il tragico, inedito epilogo del sequestro. Non era mai accaduto che a Gaza un rapimento di un occidentale finisse in tragedia. Certo c’è sempre una prima volta ma, sottolinea Khalil Shaeen, amico di Arrigoni e vice direttore del Centro palestinese per i diritti umani «se chi l’ha rapito voleva ottenere popolarità col sequestro, con l’assassinio ha raccolto il risultato opposto, perché Vittorio qui da noi era molto amato, soprattutto tra i più umili».
Più probabile che, come ha dichiarato il portavoce del ministero degli interni di Hamas Ehab alGhassain, «la loro intenzione era dall’inizio di ucciderlo, perché il crimine ha avuto luogo poco dopo il suo rapimento». Sembrano confermarlo il pesante colpo di cui ci sono segni sul capo e lo stato quasi di coma in cui Vittorio sembra ver sare nel video di «rivendicazione». Il filmato costituisce un’altra stranezza di questa vicenda: è dilettantesco, non tipico di un gruppo che miri ad accreditarsi presso formazioni più importanti. Gli aguzzini di Vittorio inoltre avrebbero utilizzato il nome di una cellula salafita distrutta due anni fa a Rafah (nel sud della Striscia) da Hamas.
Inoltre alcuni gruppi salafiti più strutturati hanno parlato ieri di «cellula fuori controllo». Ad uccidere il pacifista italiano sarebbero state in somma «schegge impazzite». Nessuno gruppo esistente, riconosciuto, vuole assumersi la responsabilità di questo crimine orrendo.
Insomma un gruppo di terroristi in erba, a cui il sequestro sarebbe sfuggito di mano. Islamisti ultraradicali, attivi già da qualche anno e con un retroterra di criminalità (contrabbando soprattutto) cacciati dalle file di Fatah e poi di Hamas, come sottolineano fonti dei servizi italiani con una lunga esperienza a Gaza.
Non si capisce però perché questi piccoli «salafiti» abbiano scelto come obiettivo proprio un personaggio così popolare tra i palestinesi come Arrigoni e perché siano stati sconfessati dai loro stessi mentori subito dopo il drammatico epilogo della loro maldestra iniziativa.
Nelle ultime settimane Vittorio aveva partecipato più volte alle iniziative del «Manifesto di Gaza», un’aggregazione di giovani che chiede la fine della lotta intestina HamasFatah e un rapido ritorno all’unità nazionale dopo la sanguinosa rottura del 2007, quando Hamas cacciò da Gaza le forze di sicurezza e i politici di Fatah. Un’eventuale riappacificazione di Fatah con Hamas porterebbe inevitabilmente quest’ultima più lontana dal «messaggio originario» dell’islam a cui i salafiti si rifanno.
Inoltre alle manifestazioni per chiedere un governo unitario partecipano giovani di entrambi i sessi, una «promiscuità sessuale» considerata assolutamente inaccettabile per i fondamentalisti islamici.
Michelangelo Cocco(da "Il manifesto" - 17 aprile 2011)
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