
NO, NON A TUTTI
BUON ANNO
A CHI E' ONESTO
A CHI E' RISPETTOSO
A CHI VIVE NELLA PACE
A CHI E' AMOREVOLE
A CHI E' GIUSTO
-Papaverorosso-

(da”Il Dio delle Piccole Cose” di Arundhati Roy)

Siamo in periodo di crisi, uno di quei periodi nei quali il vecchio è putrido e il nuovo stenta a venire alla luce. E quando ciò accade ci si rifugia nell'unico dei peccati capitali pubblicamente confessabile senza esporsi al ludibrio collettivo: il peccato di gola. Ed è così che Chef e Cuoche, meglio se affettati i primi e zie, nonne e affini le seconde, diventano dei veri e propri personaggi mediatici prestando la loro fama e la loro voce anche ad improbabili pubblicità che tentano di far “digerire” mediaticamente dei prodotti mediamente immangiabili.
Per quale ragione però, i produttori degli ingredienti (di qualità) tanto utilizzati non hanno il benché minimo spazio nella rappresentazione mediatica?
Esclusi alcuni appuntamenti come “Linea Verde” e l'abnegazione di Roberto De Petro che da un quarto di secolo s'occupa di produzione alimentare dai campi alle cantine per Telenorba, il resto è fiorir di minipimer, sbattiuova e casseruole di varia specie governati da personaggi tanto lesti di lingua quanto di mano.
Noi crediamo, come dicon tutti, che alla base di una buona cucina ci sono buone materie prime e, come dicon pochi, se vogliamo buone materie prime, il ciclo produttivo deve esser probo, assicurare la giusta remunerazione ai componenti della filiera nel rispetto dell'ambiente in cui si svolge.
Gli alimenti, qualora ce lo fossimo dimenticato, son tutti prodotti dell'agricoltura, ovvero della relazione tra umani e territorio sviluppata e affinata in secoli e secoli di storia capaci di determinare scienza e conoscenza che, in molti casi, ha legato indissolubilmente un prodotto al suo contesto. In qualcuno di questi casi diventando perfino sineddoche. Lardo (Colonnata); Parmigiano (Reggiano); Barolo (Langhe); Primitivo (Manduria); Capocollo (Martina Franca); Cellina (Nardò); e così potremmo proseguire per lunga pezza.
È nato il concetto di tipicità, ovvero di condensato di storia e cultura all'interno di un prodotto polisensoriale come può esserlo un alimento. La tipicità è quindi un valore straordinario, sostanzialmente una miniera alla quale attingono a piene mani Cuoche e Chef per preparare le loro preziose pietanze.
Ne consegue che ragionare sullo sfruttamento intelligente di questi tesori può e deve essere primario interesse per tutta la filiera che in esso è coinvolta, dal bracciante immigrato, maestranza nella coltivazione del pomodoro Regina o del tondo di Galatina, al comunicatore che disegna packaging e rappresentazione.
Ma la filiera è sbilanciata, tralascia segmenti, mostra punti deboli, rischia d'essere infranta dalla pressione dell'omologazione e dell'alimentazione senz'anima.
Occorre allora una vasta, vastissima e continua operazione culturale oltre che colturale. Occorre un processo educativo che informi i consumatori sulle diverse qualità (e proprietà) delle materie prime che si usano in cucina, che aiuti i produttori in modo che una parte della ricchezza ad essi ritorni per poter continuare a svolgere il loro ciclo produttivo, che tenga nella giusta considerazione le maestranze che sono, in definitiva, le articolazioni operative attraverso le quali il condensato di scienza e conoscenza diventa prodotto.
Questa erculea operazione socio-economico-culturale di conservazione, ricerca e formazione non può che far fulcro in chi ne ha strumenti e obiettivo istituzionale ovvero l'Università. E qui che può nascere un centro di coordinamento e stimolo per rendere un settore, il cui ultimo segmento è universalmente apprezzato, esplicito nelle sue parti e fattore di sviluppo e ricchezza.
Proveremo a parlarne venerdi 28 ottobre 2011 nella sala del rettorato alle 16.00, sperando che ci sia qualcuno ad ascoltare e a portare il proprio contributo.
Paradosso dei paradossi è che chiamiamo avanzata una società nella qualeil settore primario è ridotto all'osso (nei paesi “sviluppati” gli addetti all'agricoltura sono meno del 7-8% della popolazione) e dimentichiamo che negli ultimi anni, in Italia, chi ha dato contributo positivo al PIL è proprio l'agricoltura … ma questa è un'altra storia.
Prof. Pino DE LUCA
ITIS “E. Fermi” - Lecce


Putin ha dichiarato a un congresso di imprenditori che chi critica le notti brave del suo amico Silvio è un invidioso. Il gerarca russo appone la sua firma d’autore all’ideologia che ha dettato legge negli ultimi decenni: il Pensiero Unico Turbomaterialista, il cui acronimo PUT richiama benevolmente il suono di una flatulenza. Secondo tale visione maschilista e totalizzante del mondo, gli esseri umani desiderano soltanto fare orge, intascare mazzette e sculettare in tv, non necessariamente in quest’ordine. È inconcepibile che qualcuno possa nutrire interessi culturali, romantici, spirituali. Quindi chi fa la morale al PUT è come la vecchietta di De Andrè, che dava buoni consigli solo perché non poteva più dare cattivo esempio.
L'Italia è travolta da un terremoto. Gli Italiani, nella loro veste di Italioti hanno finalmente scoperto che quando si va al ristorante prima o poi arriva il momento di pagare il conto. Il fatto è che i tanti che hanno sbafato pranzi e cene a credito, adesso vanno dai gonzi digiuni di saldare la fattura. E qui l'Italia degli imbecilli si scatena. I mantenuti devono decidere chi deve pagare e ognuno tutela, o prova a tutelare, i suoi amici e a scaricare sui compari del suo socio in parassitismo il grosso della spesa. E gli imbecilli son li pronti a genuflettersi verso chi li fa pagare di meno, ormai così abituati a essere imbecilli che nemmeno si domandano perché devono pagare. La chiamano manovra, eufemismo per dire in quale hangar il missile spesa andrà ad infilarsi, qualcuno desidera la brutalità qualcun altro cerca di distribuire almeno un po' di lubrificante in modo che chi sta intorno al buco abbia a ringraziare per la scarsa sofferenza. Naturalmente c'è chi protesta, fra questi una classe di lavoratori particolari: i lavoratori del pallone. Proprio non riescono a mandar giù il fatto che debbano pagare alcune tasse, disabituati da sempre, e allora scendono in sciopero. Siccome questi giovanotti hanno spesso stipendi da nababbi si è scatenato sui social forum, sui giornali e ovunque uno sdegnoso movimento di protesta che fa circolare messaggi come questo: “Mio caro calciatore, potrai permetterti di scioperare quando: 1) il tuo stipendio mensile non superi i 1000 euro mensili. 2) quando la tua sveglia,comprata a 0.50 centesimi dai cinesi ti suonerà 6 giorni su 7 alle 6:30 del mattino. 3) Quando inizieranno ad arrivarti le bollette di luce,acqua,gas,telefono,assicurazione auto,bollo auto,canone TV, ricariche del cellulare a TUE SPESE... Ecco,allora potrai PERMETTERTI di scioperare....” Verificato che la gran parte
di chi scrive questa idiozia e la fa circolare è un tifoso di calcio e verificato che lo è molto spesso anche chi guadagna 1000 euro al mese, sorge spontanea una qualche domanda: Ma per quale ragione ad un calciatore si pagano 20 milioni di Euro all'anno e ad un Prof. di Fisica Nucleare meno di 24 mila?Chi ha permesso che questo accadesse? Se gli amministratori di una società come la Fiat fanno le pulci agli operai a 1300 Euro, e gli stessi pagano centinaia di milioni di euro per la squadra di calcio ci sarà una ragione … Non è difficile: chi mette i soldi lo fa per avere un ritorno e quindi se paga cento milioni di euro un calciatore vuol dire che ne ricava almeno centomilioni e uno di euro altrimenti è un pessimo amministratore e alla lunga fallisce come è successo a molti, falliti o fatti fallire. E allora in questa diatriba tra calciatori milionari e società milionarie prima di prender parte ragioniamoci un momento. Le società sono i padroni e i calciatori i lavoratori: l'antica classificazione dovrebbe spingerci dalla parte dei lavoratori. Poi c'è il concetto di reciprocità: quando i lavoratori delle fabbriche sarde, quelli di Pomigliano e di Mirafiori, i braccianti extracomunitari e i ricercatori precari dell'università sono stati messi in mezzo alla strada quanti calciatori sono scesi in piazza per difenderli? In quanti spogliatoi sta a cuore l'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori? In quante ville con piscina sono preoccupati per la pensione delle “partite IVA” illuse da Berlusconi e complici (diventa imprenditore di te stesso ve lo ricordate?)? Forse perdiamo solo tempo a discutere di calciatori e società, forse è ora che il calcio riprenda la sua nobile funzione educativa invece di essere l'ennesima arma di distrazione di massa. Io mi occupo dello sciopero generale del 6 di settembre. Il calcio? Mi riservo di darlo nel sedere a chi continua a chiedere sacrifici a chi si sacrifica da sempre. di Pino De Luca
Avevamo chiesto i tagli della politica. I tagli però, non i ragli. Anziché dimezzare il numero e i benefit dei parlamentari, il governo crede di tenerci buoni segando a casaccio i piccoli Comuni. Il tessuto connettivo di un Paese che è composto di mille villaggi. Il suo apparato cellulare. L’unica istituzione in cui l'italiano medio si riconosca. Un provvedimento di tale portata avrebbe dovuto essere il frutto di un restauro complessivo dell’architettura dello Stato. Invece da noi le riforme vengono fatte così: una alla volta, a rate, come capita. Penso ai poveri sindaci dei paesi del mio Piemonte, costretti a decrittare il proprio destino dalla lettura impervia di un decreto scritto di corsa e male. Per giunta a Ferragosto, con i prefetti in ferie che non possono neanche dare delucidazioni.
L'immagine è tratta da un sito internet somalo
Il vero problema non è la disabilità, anzi la disabilità non è nemmeno un problema, è solo una parola monca. Disabile in sé non ha alcun significato, è come dire abile. La trasmigrazione del pensiero associa le parole con attributi di valore.
“Costui è disabile” ha una caratterizzazione di giudizio che dal punto di vista semantico è assolutamente apodittica. “Costui è molto abile” o “Costui è poco abile” son sempre affermazioni senza alcun significato specifico.
Per definire l'abilità, e quindi la disabilità, occorre aggettivare in modo specifico, solo la definizione costituisce meto di giudizio compiuto.
Sicché “Costui è inabile a scalare una montagna” implica che non stiamo parlan
do di un buon alpinista, inducendo un metro di giudizio negativo in un contesto, ininfluente in tanti altri.
“Costui è molto abile a rubare i portafogli sugli autobus affollati” indica un borseggiatore professionista, soggetto che per qualcuno può certamente essere indicato come esempio da seguire ma che, in generale, non dovrebbe appartenere alla pletora dei comportamenti degni di lode.
Persone mediamente abili nella logica sapranno cercare e trovare moltissimi esempi per spiegare il concetto.
Paradossalmente coloro che si ritengono “abili” fanno una estrema confusione tra i “costrutti sociali” e le leggi di natura. Ad esempio coloro che seguono il PEI hanno una certificazione delle competenze, mentre i “normali” sono affrancati da questa incombenza e associati alla “auerea mediocritas” le cui scale son definite da punti numerici che semplicemente “semplificano” educando al concetto di massa informe e gerarchizzata da codici interni. L'abile scompare diventando un sessanta, un ottanta financo un cento ma perde le abilità certificate, semplicemente perché nessuno è in grado di farlo per la semplice ragione che delle abilità da certificare ne possiede solo alcune …
Abbiamo esaminato un sordo profondo, non segue il PEI e parla con la voce metallica tipica di chi quel suono conosce. Didascalico, completo e, ovviamente, incapace di cogliere connessioni tra discipline che appartengono a piani differenti. Non si potrà mai chiedergli di descrivere l'emozione come il canto del grillo di una notte di mezza estate, ma nell'eseguire dei compiti con efficienza e accuratezza non avrà rivali se ne ha volontà.
Ho esaminato un candidato presentatoci come “eccellente”, lo ho esaminato personalmente con un colloquio come dovrebbe esser fatto, rilevando una preparazione a macchia di leopardo con veri baratri nella co
noscenza di alcune discipline. Abilità certificabili nessuna, potenzalità nella norma. Per non deludere i presentatori gli ho dato il massimo, sperando che i colleghi comprendano che l'effetto alone è ineliminabile ma non può essere determinante, che l'attribuzione di un valore diventi indipendente dal grado di somiglianza del valutato con il valutatore. Bisogna sempre guardarsi dalla tentazione dell' ecco, io, per esempio … Il tremendo Narciso che s'annida nelle nostre viscere ci fa credere davvero di essere degli esempi, ma per l'appunto il Narciso è nelle viscere, noi dovremmo ragionare con la testa, specialmente se ci riteniamo normodotati o, peggio, in qualche cosa abili.
“Ognuno sta solo sul cuor della terra, trafitto da un raggio di sole. Ed è subito sera.”(PinoDe Luca)
"... Molte mete: la cascata, il lago, le rapide, il mare, e tutte le mete venivano raggiunte, e a ogni meta una nuova ne seguiva, e dall'acqua si generava vapore e saliva in cielo, diventava pioggia e precipitava giù dal cielo, diventava fonte, ruscello, fiume, e di nuovo riprendeva il suo cammino, di nuovo cominciava a fluire.
Ma l'avida voce era mutata. Ancora suonava piena d'ansia e d'affanno, ma altre voci si univano a lei, voci di gioia e di dolore, voci buone e cattive, sorridenti e tristi, cento voci, mille voci.
Siddharta ascoltava. Era ora tutt'orecchi, interamente immerso in ascolto, totalmente vuoto, totalmente disposto ad assorbire; sentiva che ora aveva appreso tutta l'arte dell'ascoltare. Spesso aveva già ascoltato tutto ciò, queste mille voci nel fiume; ma ora tutto ciò aveva un suono nuovo.
Ecco che più non riusciva a distinguere le molte voci, le allegre da quelle del pianto, le infantili da quelle virili, tutte si mescolavano insieme, lamenti di desiderio e riso del saggio, grida di collera e gemiti di morenti, tutto era una cosa sola, tutto era mescolato e intrecciato, in mille modi contesto. E tutto insieme, tutte le voci, tutte le mete, tutti i desideri, tutti i dolori, tutta la gioia, tutto il bene e il male, tutto insieme era il mondo.
Tutto insieme era il fiume del divenire, era la musica della vita..."(Hermann Hesse,Siddharta)

Ci fu un tempo, prima che il pane fosse condiviso, un tempo in cui l'umano era troppo primitivo per saper coltivare. Era il tempo del nomadismo, della raccolta e della caccia, della necessità di misurarsi con il pericolo, di scegliere se rischiare la vita in lotte cruente o condannare all'inedia se stessi e la propria prole. Cacciare: uccidere o rimanere uccisi, la terribile altalena della natura non lasciava scampo.
Eppure in qualche caso raccogliere e cacciare coincidono, luoghi e tempi fortunati possono congiungere le cose. Catturare le lumache era senz'altro la più semplice delle forme di caccia. Per millenni gli esseri umani hanno potuto nutrirsi dei molluschi con la casa appresso.
Gli antichi Greci ne erano così ghiotti che inventarono un apposito attrezzo per poterle estrarre dal guscio: il kochliàrion da cui deriva senza dubbio alcuno il più moderno cucchiaio.
La umile lumaca ha conservato il patrimonio genetico dei disarmati e dei più gracili consentendo anche a loro la sopravvivenza. La Puglia annovera due lumache edibili: Helix aperta o Cantareus apertus (municeddhra, uddhratieddhru, munaceddhra ecc..) e la più popolare Euparypha pisana (cuzzeddhra o cozza piccinna).
Della prima ne parlammo tempo fa, la seconda mi consente di chiudere questo bellissimo viaggio durato tre anni, mi consente di farlo con grande piacere anche perché la cuzzeddhra, è inserita ormai nell'atlante dei prodotti tipici pugliesi.
Io la preparo contaminando il suggerimento di Massimo Vaglio, massimo mentore riguardo alle erbe selvatiche del tacco d'Italia.
La cuzzeddhra o cozza piccinna si raccoglie di questo periodo nei campi popolati da vegetazione secca alla quale si fissa dondolando al sole, più semplice acquistarla da uno dei tanti venditori professionisti.
Le cozze piccinne vanno lavate accuratamente e lasciate qualche minuto in acqua fredda in modo che si sveglino e si evidenzi l'esistenza di qualche conchiglia il cui abitante è defunto. Si mettono quindi sul fuoco in una casseruola colma d'acqua e si lasciano bollire per una decina di minuti avendo cura di schiumare. A cottura ultimata io le scolo per bene, le verso in una zuppiera con un fondo di OEVO e due spicchi d'aglio, cospargo di sale grosso e di abbondante origano, copro lascio intiepidire. Nel sughetto ci inzuppo il pane casereccio e mangio le cuzzeddhre qualche volta aiutandomi con uno stuzzicadenti o con il più basso dei rebbi di una forchetta comune piegato verso l'interno, più spesso succhiandole direttamente dal guscio e aspirandone il profumo mentre il frutto delizia il palato. Da bere il Grecomusc' della Cantine Lonardo, senza alcun dubbio. Lo so che non è Salentino ma noi siam qui per deprovincializzarci e sorridere.
Termina qui un viaggio splendido, lungo tre anni, fatto di incontri, scambi, panorami splendidi, qualche salita ripida e qualche pezzo di strada sconnessa. Un percorso bellissimo di memoria e di prospettiva futura, di angoli nascosti e di cieli aperti, cose alle quali siamo così abituati da dimenticare che sono rarità e privilegi dei quali possiamo godere.
Mangiare è essenziale per la vita di ciascuno, cibarsi è il fondamento della vita sociale. Non v'è rito, usanza, patto sociale nel quale il “mangiare insieme” non sia suggello di concordia. L'evangelica moltiplicazione di pani e pesci, la trasmutazione di Cana, l'eucaristia sono solo alcuni esempi della sacralità nella nutrizione collettiva.
Che sia lento il vostro desinare, come la lumachina, e permetta di conversare di ascoltare e di conoscere, si vive meglio questa vita e, forse, anche la prossima.
Quando sarà da assegnarci l'eventuale contrappasso, m'immagino il divino cancelliere che dice di chi ci precede: “ha massimamente sbranato”, e il supremo giudice: “che sia sbranato per l'eternità ...”; “ha massimamente affettato”, e il supremo giudice “che sia affettato per l'eternità”; e al nostro turno “ha massimamente … ehm... assunto lumache aspirandole direttamente dal guscio”. Vedere la faccia del supremo giudice che deve assegnarci la pena non ha prezzo!
A settembre ci ritroveremo, rinnovati e rutilanti. E ricordatevi che il convivio sconfigge la solitudine. Con osservanza.(Pino De Luca)
Lo so, è in ritardo, non é sulla notizia e nemmeno urlato. Forse a nessuno importerà e deluderà chi voleva, da me, sapere delle amministrative, dei referendum e del terremoto politico.
Ma rimango della convinzione che per capire bisogna chiudere gli occhi, come faceva il mitico Poirot, sedersi e pensare, lasciare che le piccole cellule grigie mettano in ordine, almeno in uno dei millanta possibili ordini, le schegge impazzite che volteggiano nei cieli di questo 2011. Forse i Maya avevano ragione, forse per davvero il 2012 sarà l'anno della fine del mondo. Almeno del mondo che conosciamo, governato da regole che non funzionano più, che sono incapaci di rispondere alle esigenze di chi il mondo popola e vuole continuare a popolare. Dovrei cominciare, a rigore, dai massimi sistemi. Troppo lungo e tedioso. Comincio dal minimo: la fine dell'incubo berlusconiano sbocciato, come tutti gli incubi, per indigestione.
Per decenni l'amorfa moltitudine dei singoli ha ingoiato pessimi comportamenti, mascherati da discorsi profumati e dai colori accattivanti, sapori speziati che nascondevano merce avariata e maleodorante. L'amorfo popolo, privo delle difese che organizzazioni severe e financo plumbee implose per l'evolvere della storia hanno garantito per qualche decennio, è stato esposto e trascinato nel gozzoviglio.
Ha ingurgitato liberamente robaccia, anche quella venduta al mercato nero da chi lasciò la lunga strada della dirittura morale e della rigorosità personale per imboccare quella della “cultura di governo”. Intendendo con quest'ultima sostanzialmente l'arte di fottere il prossimo dopo aver fottuto tutti quelli che venivano prima.
Poi però si è trattato di digerire, e la natura deve fare il suo corso. Qualcuno ha vomitato, altri hanno vissuto la dissenteria, altri ancora si sono ammalati di fegato.
Tutto questo poteva continuare tranquillamente se l'unico mezzo di nutrizione fosse stato il canale di distribuzione del mangime predigerito. Ma un piccolo mercato si è sviluppato, la grande piazza elettronica ha permesso che i piccoli contadini della cultura del vicolo potessero scambiarsi i loro alimenti. Il lievito madre conservato da qualcuno ha fatto lievitare la farina che qualcun altro aveva nella madia. Il vino buono ha fatto capolino e l'olio, la frutta, la carne e le uova hanno ricominciato a circolare. Dapprima piano, poi sempre di più fino a diventare valanga. E la valanga non risparmia nulla e nessuno, la valanga è fatta di nuovi entusiasmi, di voglia di esserci e anche di grande conoscenza. Essa rivolterà ogni cosa, cambierà il panorama, sovvertirà dal profondo il supermercato dei contenitori di plastica con dentro gli alimenti di plastica.
L'antica profezia sul costruttore di corda si è avverata. Non c'è scampo al grande flusso di redistribuzione della popolazione, alla necessità di vivere il lavoro come realizzazione di sé stessi oltre che come fonte di reddito, alla necessità di provare ad essere felici insieme invece che da soli.
Lo dicono le elezioni? Lo dicono i referendum? Lo dice la rete? Anche, forse, sicuramente. Ma lo dicono soprattutto l'ignoranza dei commentatori più accreditati, l'arroganza dei potenti che non contano nulla, l'affanno dei politici che non comprendono, l'inadeguatezza del sistema dell'istruzione che vuole aprire con chiavi arrugginite delle porte elettroniche a variabili biometriche, le parole di leader che parlano a sale vuote come le loro parole.
A me lo hanno detto, plasticamente, due eventi vissuti: un gruppo di giovani organizzato da un gruppo di giovani ha messo su una performance artistica bellissima, innovativa, colta e, ohibò, produttiva. A Lecce, città del Sud e come tale abbastanza sonnacchiosa nei confronti del nuovo, spesso afona anche verso l'ardito. Ho visto Federica, la ragazza che mi ha invitato, viva, con gli occhi pieni di determinazione. Belle cose, alcune splendide, una mi ha colpito immediatamente: la fila! Fame e sete di conoscenza, e fiducia nei giovani da parte di una fila di “noi” che di giovanile ne sbandieriamo ormai solo spirito. Straordinario.
L'altra è un po' più grande. 18 giugno, festa nazionale di Slow Food. Trecento piazze per il cibo buono, pulito e giusto. Sfuggita di mano a tutti. Un movimento di popolo che si raduna, si organizza le piazze sono trecento, mille, tremila. Ogni luogo diventa piazza di connessione, di convivio, di racconto di costruzione, di speranza. Organizzazioni perfette. Lavoro, economia che gira, felicità tramutata in PIL.
Che tristezza aspettare Pontida, discutere di Tremonti e di Brunetta, vedere persone di Governo e di Potere in fila da un cialtrone come Bisignani per avere un favore, per un piccolo privilegio, per una camarilla.
Che gioia vedere la piazza della FIOM colma, sentire Benigni e Travaglio, Santoro e Vauro e i giovani che stanno insieme agli operai.
Chi non vede il futuro è cieco.
All'entusiasmo, all'intelligenza si sta unendo l'organizzazione. E questo è il principio di una mutazione rivoluzionaria. Noi adulti abbiamo il dovere di farla sbocciare, in avanti. Dobbiamo proporre persone serie che aiutino il processo. Persone alle quali affidare le redini con la missione primaria di rendere distinguibile potere e governo, di assoggettare il primo al secondo. La nostra meravigliosa Costituzione spiega per bene come fare.
Di liberare l'Italia dai ricatti di imbroglioni da due lire, di liberare i ricattati dalle spade di Damocle, di scrivere, per una volta, la vera storia di questo paese, senza omissis e senza reticenze.
Ai giovani, d'età e d'animo, auguro di essere protagonisti. Dite un secco no a chi, per scacciare l'incubo, propone un bel sogno.
È tempo di aprire gli occhi, il mondo nuovo ha bisogno di verità. Buon lavoro ragazzi.(di Pino De Luca)
| PISAPIA GIULIANO Data di nascita: 20/05/1949 Luogo di nascita: MILANO | 365657 | 55,10 % | ||
| DE MAGISTRIS LUIGI Data di nascita: 20/06/1967 Luogo di nascita: NAPOLI | 264457 | 65,38 % | ||
| ZEDDA MASSIMO Data di nascita: 06/01/1976 Luogo di nascita: CAGLIARI | 49708 | 59,35 % | ||
| COSOLINI ROBERTO Data di nascita: 14/05/1956 Luogo di nascita: TRIESTE | 53050 | 57,51 % | ||
| BONIFAZI EMILIO Data di nascita: 18/07/1961 Luogo di nascita: FRASSO SABINO (RI) | 22627 | 57,42 % | ||
| BALLARE' ANDREA Data di nascita: 12/04/1967 Luogo di nascita: NOVARA | 24516 | 52,91 % | ||
Referendum 12-13 giugno 2011, quattro SI per dire NO 