Un mercato a Bamako, in Mali (Bernard Foubert, Afp)
Nel 1968Paul Ehrlich in The population Bomb avvertiva che la crescita della popolazione avrebbe portato al collasso del pianeta: prevedeva centinaia di milioni di morti per carestia negli anni ottanta. Oggi la questione è tornata di moda. Lo stesso Ehrlich, dalle colonne di New Scientist, all’interno di un dossier su sovrappopolazione e problemi ambientali, invita a diffidare di coloro che dicono che la terra può ospitare fino a nove miliardi di persone.
Nello stesso dossierscrive anche Fred Pearce che invece cerca di sfatare il mito secondo cui il vero problema del cambiamento climatico è l’aumento delle nascite. Non nega che se la popolazione dovesse continuare a crescere come nell’ultimo secolo avremmo un serio problema di risorse, semplicemente afferma che il tasso di crescita è già diminuito.
Cinquant’anni fa ogni donna faceva, in media, tra i 5 e i 6 figli, oggi la media mondiale è di 2,6. La popolazione continua ad aumentare perché le figlie del baby boom sono ancora in età fertile: “Ammettendo che abbiano solo due figli ciascuna”, dice Pearce, “sono comunque un sacco di bambini. Ma le future generazioni saranno ciascuna più piccola della precedente”. Continuare a parlare di sovrappopolazione, conclude, non fa altro che distoglierci dal vero problema: l’eccessivo consumo.
Gli fa eco George Monbiot dal Guardian sottolineando che i paesi con il più alto tasso di crescita hanno deiconsumi veramente irrisori.L’Africa subsahariana influisce per il 18,5 per cento sulla crescita della popolazione mondiale, ma solo del 2,4 sulle emissioni di anidride carbonica. L’America del nord, al contrario, accresce la popolazione del 4 per cento, ma fa aumentare le emissioni del 14. Nonostante questo, il mondo occidentale continua a dire che per combattere il cambiamento climatico bisogna lottare contro la sovrappopolazione. Ricchissimi europei e statunitensi fondano gruppi per “aiutare” i paesi in via di sviluppo a ridurre le nascite, mentre consumano quantità incredibili di carburante scorrazzando su yacht e jet privati. Forse è l’ora di assumersi le proprie responsabilità ed evitare di addossare la colpa a chi ha ben altri problemi.(fonte internazionale.it)
IL VIDEO sul giudice Mesiano andato in onda su Canale 5 è spaventoso, e lo è qualunque sia la sua genesi giornalistica. È spaventoso se il suo impressionante effetto minatorio discende da un'intenzione consapevole. Ma è spaventoso anche se siamo di fronte a un gioco cretino, come di chi padroneggia malamente un'arma e credendo di sparare a salve esplode pallottole vere.
Il testo, di livello perfino più basso di quel sub-giornalismo che è il gossip televisivo, farebbe propendere per la seconda ipotesi: un gioco cretino sfuggito di mano. Ma la costruzione del servizio (pedinamento di un magistrato ritenuto "nemico" del proprio editore, così da indicarlo all'odio e al dileggio della propria curva tifosa), e la sua messa in onda nel programma mattutino della rete generalista di Mediaset, con tanto di commento demolitore (e "senza contraddittorio", come dice l'onorevole Gasparri quando attacca la Rai) di due giornalisti del gruppo, impedisce di credere che si tratti di un banale incidente. Il clima di forte scontro politico non può essere un alibi. Non è il cozzo delle idee, non la polemica ideologica a dettare questo genere di colpi sotto la cintura. È la volontà di attaccare e isolare personalmente, quasi uno per uno, quelli che il leader e padrone considera gli avversari veri e presunti, e dunque esercita, sui meno sereni e meno liberi dei suoi dipendenti, una doppia attrazione, politica ed economica. In una confusione oramai patologica, irreversibile e venefica (per il paese intero) tra patrimonio politico e patrimonio personale del Capo. È la voglia di andare a stanare dal barbiere Mesiano, sputtanarlo (verbo berlusconiano) con qualche sciatta considerazione sul suo abbigliamento del sabato mattina, dargli dello "stravagante" perché fuma (?!), evitare che anche una sola parola sia spesa in sua difesa (nel vituperato "Anno zero" i giornalisti e i politici di destra hanno una postazione fissa), perché distruggere la persona è il sistema più rapido per risolvere i contenziosi, e levare di mezzo l'ingombro.LEGGI TUTTO
Mentre le potenze mondiali s’interrogano sulla strategia da usare in Afghanistan, nessuno sembra accorgersi che nel paese asiatico qualcosa sta cambiando.
“La litania dei problemi che affliggono l’Afghanistan è ben nota a tutti. Ci sono poche strade asfaltate, di computer non parliamone, la popolazione è povera e analfabeta, in preda alla povertà, alla malattia e alla violenza. La cultura e le tradizioni del popolo afgano rimangono sconosciute al mondo, o ridotte a degli stereotipi”, scrive Foreign Policy.
La rivista presenta però un antidoto a questo virus dell’ignoranza: un giovane blogger afgano che si è posto come obiettivo far conoscere il suo paese, in particolare la sua città. Nasim Fekrat, alias Afghan Lord, dice: “Ho cercato su internet la parola Helmand. Le uniche cose che sono uscite avevano a che fare con terroristi, kamikaze e attentati. Ma c’è un’altra Helmand, un’altra faccia. Esistono anche l’arte, l’agricoltura, i musei, la cultura. Anche noi siamo persone, e abbiamo bisogno di connetterci l’un l’altro”.(fonte Internazionale.it)
Ho cambiato il nome al mio blog, prima si chiamava www.diario_di_bordo.ilcannocchiale.itadesso si chiama www.pinodeluca.ilcannocchiale.it. Chi non è avvezzo alle storie di informatica sa che l'operazione, di per sé banale, ha conseguenze nefaste nei motori di ricerca che conservano il vecchio nome per molto molto tempo. E quindi chi andrà a cercare ciò che ho scritto usando il vecchio nome non troverà un bel nulla, e questo vale per tutti compreso me medesimo.
So che non interessa moltissimi questo preambolo ma con esso faccio un po' di pubblicità al mio nuovo indirizzo e cerco anche di spiegare la ragione di tanta fatica per cercare gli scritti precedenti.
Stamane in tv, alle ore sette, rassegna stampa di Brindisi: un paio di magistrati e un manipolo di sbirri osano mandare ad alcuni alti funzionari ENEL degli avvisi di garanzia. In essi comunicano che c'è un qualche sospetto che l'utilizzo di dosi massicce di carbone per una ventina di anni possa aver prodotto un qualche inquinamento. Ma no! Ma dai! Ma da quando ci si permette di sospettare queste cose? Proprio ora che sembrava partito un momento felice tra mamma ENEL e le nostre gioconde comunità? Proprio ora che sponsorizzazioni e feste canore cominciavano a succedersi con gradevole costanza …
Deve essere una di quelle manovre politiche ad orologeria che magistrati disturbati mentalmente e probabilmente un po' comunisti imbastiscono contro chi ha il sostegno del popolo.
Come cosa c'entra il nome del blog? È facile, di queste vicende che ora giungono all'eco della stampa ho avuto il privilegio di interessarmi qualche volta, e per la precisione dal 5 maggio 2007 fino al 18 maggio 2009, in tutto la bellezza di dodici riflessioni. Chi fa fatica a ritrovarle può visitare il mio blog (con il nome nuovo) o chiedere a www.Brindisitg24.it o a www.brindisisera.it che le hanno diffuse con grande temerarietà nei tempi in cui si era davvero in pochi a dire.(*)
È inelegante ricordare le profezie e non lo farò mai, trovo però utile fare alcune riflessioni.
È senza dubbio esistita a Brindisi, e forse esiste ancora, una entità denominata “partito del carbone”. Analogamente sono sorti gli avversi autodefinedosi per contro “partito dell'anticarbone”. Rarissime sono state le voci che hanno provato ad uscire dal tifo urlato che ha garantito per anni il diritto di tribuna agli esponenti dei due schieramenti. Nella gran confusione ciascuno si è ritagliato il proprio pezzettino di “sfruttamento immagine” da giocare su questo o quel tavolo.
Ora alcune carte sono scoperte. Indagini di polizia, avviso di garanzia, dati scientifici a supporto. Si apre una questione legale nella quale peseranno indubbiamente perizie e duelli in punta di diritto, ma è una occasione anche per far pesare la testimonianza popolare. Se essa continuerà a convincersi che uno spettacolo canoro vale la distruzione di un ecosistema, qualunque sia la conclusione dell'inchiesta essa sarà stata inutile.
Se invece le popolazioni di queste terre si proporranno di riprendersi il diritto di comprendere, di partecipare e di decidere del proprio futuro, qualunque sia il risultato dell'inchiesta, lo Stato che paga inquirenti e poliziotti ha speso bene i suoi soldi.
Per parte mia, poiché ricordo come erano quei luoghi prima, dico che ci campavano intere famiglie coltivando viti e ortaggi, ci pascevano le greggi.
Spero che quei terreni siano bonificati e che lo si faccia a spese di chi li ha inquinati, e che la cultura del carbone lasci spazio alla cultura della ragione. E la cultura della ragione è tale se non nega in assoluto nessuna altra cultura, nemmeno quella del carbone.
Spero si apra una discussione seria e ampia sui bisogni energetici, sulle analisi dei costi e dei benefici e se decideremo che carbone deve essere, dobbiamo decidere quale, quanto, per chi e per quale prezzo. Se dobbiamo cedere quote di sovranità per il bene dell'Italia saremo come sempre disponibili, pronti a farci servi, ma di una patria e mai verso chi pensa di esserne il padrone.
Spero che quei cittadini che hanno applaudito i poliziotti che arrestavano il rapinatore armato di coltello da cucina, siano pronti ad applaudire anche quelli che sono capaci di incriminare chi usa preziose consulenze per rapinare un bene molto più prezioso di qualche migliaio di euro: il futuro di un territorio. Qualunque sia la conclusione della vicenda giudiziaria.di Pino De Luca
I quindici giudici della corte costituzionale italiana hanno dichiarato illegittimo il lodo Alfano, la legge che sospende i processi delle quattro più alte cariche dello stato: i presidenti della repubblica, del senato, della camera e del consiglio.
È stata infatti decretata la violazione dell’articolo 138 della Costituzione, cioè l’obbligo di far ricorso a una legge costituzionale e non ordinaria, e dell’articolo 3, il principio di uguaglianza di tutti i cittadini.
La notizia è rimbalzata immediatamente sulla stampa di tutto il mondo, che si chiede come reagirà Berlusconi alla perdita dell’immunità.