giovedì 16 ottobre 2008

Maledetti Professori ."Pretendono di insegnare in una società dove nessuno - o quasi - ritiene di aver qualcosa da imparare..."

Maledetti Professori di Pino De Luca

Ebbene si, lo ribadisco, sono un "PROFESSORE".
Un professore delle superiori, qualche volta preferisco “docente” ovvero colui che conduce ma, sottigliezze linguistiche a parte, un rappresentante tipico dei “lavoratori in declino di reputazione.”
Anzitutto nel mio ambiente. Nella scuola, nella stessa classe in cui insegno. Gli studenti continuano a guardarmi con rispetto solo grazie alla mia “fisicità”. Verso altri, meno dotati strutturalmente, non nutrono alcun timore o alcuna deferenza.
D'altra parte il professore ha uno stipendio da “operaio specializzato” e una immagine sociale priva di qualsiasi luce. Nessuno dei miei allievi manifesta la volontà di diventare “professore”, rispetto a redditi, posizione sociale e benefit della propria famiglia, molto spesso un docente è sostanzialmente un morto di fame.
E poi, diciamocelo, la cultura e la conoscenza non vanno di moda. È almeno da un ventennio che per le professioni intellettuali tira una brutta aria.
Siamo nell'era del "mito imprenditore". Del “self made man”, magari con una discreta pelliccia sullo stomaco, che si è mosso sul crinale grigio dell'etica del profitto, piccolo e bello. E ricco. Il lavoratore autonomo, l'artigiano e il commerciante, magari l'immobiliarista, magari il politico o il cavalier servente del ras cittadino o di quartiere, magari il colletto bianco intersecato con le mafie. È l'Italia che ha conquistato il benessere e anche di più, senza bisogno di studiare troppo. In qualche caso, sfruttando le conoscenze più che la conoscenza, in qualche caso intercettando le ondate delle nuove tecnologie, dello spettacolo o della finanza creativa.
Competenze apprese sempre "fuori" da scuola. Così siamo rotolati lungo la scala sociale, ai margini del mercato del lavoro. Figure laterali di un sistema - la scuola pubblica - divenuto, a sua volta, laterale. Poco rispettati dagli studenti, ma anche dai genitori. I quali ci criticano perché non sappiamo trasmettere certezze e autorità; perché non premiamo il merito. Ovviamente l'assioma è che i loro figli siano sempre meritevoli.
I più critici e insofferenti nei confronti dei professori sono, naturalmente, i genitori che di professione fanno i professori. Collega caro, come ti permetti di giudicare negativamente mio figlio? Come non ti rendi conto di due cose, intanto che è mio figlio e poi io conosco la scuola e la materia, e, permettimi di dirtelo, bisogna che si studi un po' di più. Tu naturalmente, che mio figlio studia abbastanza, anzi, spesso capisce anche senza toccare libro, a lui basta ascoltare le cose una volta.
Certo che ci abbiamo messo del nostro: ho visto colleghi andare in pensione dopo lunghissimi anni di malattia guarire miracolosamente il giorno dopo il congedo, maternità programmate per evitare di lavorare, rammento uno che disseppelliva la moglie per cambiarle posto almeno una volta ogni due anni e prendeva le ferie. Un sindacato corporativo, allineato ai vari ministri, complice e silenzioso. Impegnarsi e lavorare nella scuola produceva e ancora oggi produce un sentimento di fastidio e di invidia nel collega accanto il quale ormai prega perché un parente diventi bisognoso di aiuto e accedere ai benefici della famosa Legge 104 che ha tanti meriti ma anche tantissimi abusi.
In questo clima molti, moltissimi hanno preferito investire in altre attività professionali o per integrare il reddito o per ottenere le soddisfazioni che l'insegnamento, ridotto a routine, non è più in grado di offrire. Siamo diventati una categoria triste e rancorosa.
Finalmente il declino dei professori è divenuto più rapido. Non più solo per inerzia, ma per "progetto", dichiarato, senza infingimenti e senza giri di parole.
Basta valutare le risorse destinate alla scuola e ai docenti dall'ultima finanziaria. Basta ascoltare gli echi dei programmi di governo che prevedono riduzioni consistenti di personale, ma anche di reddito nelle scuole di ogni ordine e grado.
Meno insegnanti, quindi. Mentre i fondi pubblici destinati alla ricerca e all'insegnamento calano di continuo. Dovrebbe subentrare il privato. Che, però, in generale se ne guarda bene. Ad eccezione delle Fondazioni bancarie. Che tanto private non sono. D'altra parte, chissenefrega. Noi professori, come tutti gli statali, siamo solo una banda di fannulloni.
Maledetti professori. Soprattutto del Sud. Soprattutto della scuola pubblica. E gran parte dei professori sono, come me, statali e meridionali.
Maledetti professori. Responsabili di questa generazione senza qualità e senza cultura. Senza valori. Senza regole. Senza disciplina. Mentre i genitori, le famiglie, i predicatori, i media, gli imprenditori: loro sì che il buon esempio lo danno quotidianamente. Partecipi e protagonisti di questa società civile(?). Non vedete come è ordinata, integrata, ispirata da buoni principi e tolleranza reciproca? Per non parlare del ceto politico. Pronto sempre a supplire alle inadempienze e ai limiti della scuola.
La nuova ministra: appena arrivata, ha già deciso di attribuire un ruolo determinante ai grembiuli e al voto in condotta. Indubbio il successo di pubblico e di critica.
Maledetti professori. Pretendono di insegnare in una società dove nessuno - o quasi - ritiene di aver qualcosa da imparare. Pretendono di educare in una società dove ogni categoria, ogni gruppo, ogni cellula, ogni molecola ritiene di avere il monopolio dei diritti e dei valori. Pretendono di trasmettere cultura in una società dove più della cultura conta il culturismo. Più della conoscenza: i muscoli. Più dell'informazione critica: le veline. Una società in cui conti - anzi: esisti - solo se vai in tivù.
Dove puoi dire la tua, diventare "opinionista" anche e soprattutto se non sai nulla. Se sei una "pupa ignorante", un tronista o un "amico" palestrato, uno che legge solo i titoli della stampa gossip.
Una società dove nessuno ritiene di aver qualcosa da imparare. E non sopporta chi pretende - per professione - di aver qualcosa da insegnare agli altri.
E dunque, una società senza "studenti". Perché dovrebbe aver bisogno di docenti?
Maledetti professori. Non servono più a nulla. Meglio abolirli per legge. E mandarli, finalmente, a lavorare.
P.S. Il presente articolo è ispirato e, in qualche passo pienamente riportato, da un intervento del prof. Ilvo Diamanti apparso su www.repubblica.it il 25 giugno 2008.

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