Una mia classe, come accade spesso, era impegnata nella prova scritta di Informatica. Come accade altrettanto spesso una parte degli astanti si erano “strategicamente” assentati. Gli altri son rimasti e, per premio, e anche per rispetto alla loro stanchezza, abbiamo usato il tempo a nostra disposizione per discutere e commentare la prova scritta di Sistemi che hanno svolto venerdi scorso.
Del tutto ovvio che alcuni abbiano conseguito ottimi risultati, altri meno buoni, altri abbiano mostrato le loro lacune. Altrettanto ovvio che i risultati eccellenti producano emozione come risultati scadenti producano delusione e qualche forma di difficoltà ad accettarli. Lo si vede dalle facce, dalle domande su come fare, si evidenzia una palese fragilità.
So bene che molti risultati non sono genuini, che le astuzie, piccole o grandi, sono sempre presenti nel mondo degli studenti. Eppure le valutazioni hanno sempre questa forza, questa capacità di ridefinire gerarchie di gruppo, sensazioni personali e, in buona sostanza, di far crescere ciascuno di questi giovani.
Già, i giovani, mondo articolato, sempre misterioso e sempre diverso che, chi come me fa il lavoro di insegnante, ha il privilegio di conoscere, di scandagliare, di raffrontare con altre ere e altre storie.
Come si parla ai giovani? Quali valori trasversali, quali esempi, quali metafore sottoporre loro. Giovani del 2009, a volte così prodighi nella manifestazione di bisogni, spesso così impreparati ad esprimere i loro sogni. Così diversi tra loro, così uguali, a volte gradassi e a volte smarriti. Inclini ai deliri di onnipotenza e fragilissimi alle prime difficoltà. I miei ragazzi sono figli di lavoratori, gente per bene, che tira su la famiglia e stravede per il figlio che studia e si arrabbia se invece batte la fiacca. Ci sono anche i fannulloni, quelli che non hanno alcuna fiducia nelle loro capacità, ignoranti per nascita e scelta, forse per destino, disperati perché non hanno idea dell'utilità della scuola e dello studio, fastidiose incombenza alle quali sono stati condannati da genitori persecutori e docenti aguzzini. Ragazzi ai quali nessuno ha spiegato che la scuola, lo studio è ciò che regala il diritto alla disobbedienza, il diritto a non essere d'accordo, a inventare nuovi modi di stare al mondo e, fors'anche, nuovi mondi. Ragazzi che pensano con la testa dell'io e, raramente, con la testa del noi, così nati forse, ma così spinti ad essere da un sistema che ha dato all'avere la preminenza sull'essere, un sistema che hanno costruito i padri e il cui conto viene addossato ai figli ...
Sappiatelo: lo studio non è né sarà mai fattore di eccessiva mobilità sociale, non credete a chi vi racconta questo, è un mentitore. La cultura non rende ricchi e potenti, semplicemente più liberi.LEGGI TUTTO
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