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Poi, nel 2000, le Nazioni Unite hanno avviato il Kimberly Process, entrato in attività tre anni dopo: un piano per regolare la produzione dei diamanti e certificare che non si tratti di “diamanti di sangue”.
Ma l’ultima riunione annuale del Kimberly Process in Namibia, che si chiude oggi, ha mostrato molte incrinature. Uno dei fondatori, Ian Smille, ha preferito gettare la spugna e andarsene: Zimbabwe, Venezuela, Costa d’Avorio, Guinea e Libano non danno più nessuna garanzia. L’organizzazione invierà un’ispezione in Zimbabwe, dove, secondo l’Independent, centinaia di minatori sono stati ucciso dall’esercito.
Ma secondo Smille ormai c’è poco da fare: “Il commercio di diamanti tornerà al suo passato criminale e gli eserciti ribelli non avranno nessun problema a trovare compratori per i loro diamanti di sangue”.(fonte Internazionale.it)
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